Nella Sala Audiovisivi, nell’ambito della stagione teatrale Normalitè in collaborazione con Anghiari Dance Hub, performance di danza, tutti i prossimi spettacoli al Teatro dei Ricomposti

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Anghiari- Nella Sala Audiovisivi, nell’ambito della stagione teatrale Normalitè in collaborazione con Anghiari Dance Hub, performance di danza il 26 marzo, alle 20.30 ed in replica alle 21.30, ed in replica il 27 marzo, alle 16.30 ed in replica alle 17.30, Miss Lala al Circo Fernando, è una performance che vede come protagonista Marigia Maggipinto, storica interprete della compagnia del Tanztheater di Wuppertal. Come agli albori del Circo, gli spettatori si avventurano in uno spazio intimo per vedere da vicino “il diverso”, “il fenomeno”, nel caso per la sua lunga esperienza di lavoro e di vita con Pina Bausch. Viene offerta una scelta di foto, un archivio vivente dal quale le persone del pubblico possono attingere. Frammenti, memorie, aneddoti, una replica a New York che non si può dimenticare e altre suggestioni. In base alla scelta istintiva delle persone, Marigia compone un racconto in tempo reale, in cui a tratti riemerge la sua danza. Non si tratta di commemorare, ma di rivivere ad ogni diversa sollecitazione quel bagaglio di esperienza artistica e umana. Lo chapiteau di Miss Lala è una dimora calda, accogliente, in cui gli ospiti sono seduti attorno a un tavolo imbandito di foto e di scritti. È la sintesi del viaggio di un’interprete rara e preziosa, tutta da riscoprire, tra danza, teatro e narrazione, votata a decollare in un “numero di alto equilibrismo”. Inoltre, tutti i prossimi spettacoli al Teatro dei Ricomposti, tutti alle 21. Il 9 aprile c’è Romina Mondello nello spettacolo Amami o cado di Giovanna Mori, regia Giovanna Mori. Romina Mondello è un’attrice sensibile e generosa. Pronta a mettersi in gioco su una scena  quasi vuota. Sentimentale, lieve, buffa. Bella. Una specie di Gelsomina metropolitana, che passa da un letto d’amore a una balera di periferia dove anziane casalinghe ballano alligalli ferocemente allegri anche e soprattutto per mandare un po’ affanculo la morte che sta li dietro le loro, le nostre porte. Amami o cado è il racconto di una storia d’amore. Racconto per parole che diventano immagini per immagini che diventano emozioni. Storia che potrebbe essere successa a tutti che forse non è ancora successa a nessuno. Storia giocata, tra il vero e il falso e il falso e il vero. È la storia di Rosa che ha raccontato quella giornata d’amore alla regista e all’attrice perché ha ancora tutto nella sua mente. Loro non potevano crederci, ma Rosa non dice bugie. Per essere sicure di quello che avevano ascoltato prima di raccontarlo, le due sono andate a cercare le prove. Le hanno trovate tutte. Al Motel, al Capannone, al negozio di regali. Al negozio dove lavora Rosa. Tutto vero. Confermato. Giorno. Ora. Agenzia. E allora hanno pensato che la vita è più forte pure della morte. Rosa, la nostra protagonista direbbe “senza dirlo perché lei vive ma non sa”: Guarda che è l’amore che è più forte della morte. Ed è per questo hanno deciso di raccontare questa storia. Il 23 aprile Un discreto protagonista, concetto e direzione Alessandra Paoletti, Damiano Ottavio Bigi con Damiano Ottavio Bigi, Lukasz Przytarski. La ricerca si è mossa attorno a una domanda: cos’è il vuoto? Il vuoto in quanto stato fisico, ma anche in termini esistenziali, e il vuoto nell’atto creativo. Il tema del vuoto, da cui gli artisti erano incoscientemente attratti e nel quale ci sono ritrovati immersi durante questa pandemia, ha iniziato a chiarirsi e a concretizzarsi attraverso un’esplorazione delle recenti scoperte nel campo della fisica sulle origini dell’universo. Hanno rivolto il loro sguardo alla scienza, che nel corso dei secoli ha elaborato idee diverse, mutando di volta in volta la realtà, influenzando una visione del mondo, e riplasmando il nostro modo di percepirci, relazionarci e raccontarci. Questa esplorazione li ha condotti all’interno di due mondi solo apparentemente distanti: uno più matematico, legato agli aspetti scientifici, e uno più umano, connesso a una cultura remota, attraverso i miti fondativi. Le scoperte sulle origini dell’universo hanno ispirato la linea narrativa del loro lavoro, che si nutre anche di altre storie, legate a differenti mitologie. Hanno lavorato sul tempo, sul vuoto, il pieno, il denso e il rarefatto; sulla possibile relazione tra due figure attraverso rapporti geometrici e astratti, che si sono resi conto governare il macroscopico come il microscopico. Due figure che entrano in relazione, e poi in collisione, sviluppando rapporti e percorsi che si uniscono, separano o sovrappongono continuamente, in un gioco di riflessione e rispecchiamento che li ha condotti nella dimensione simbolica del doppio. Questo lavoro ha sollecitato una narrazione, che va al di là di una storia visibile: danza pura e frammenti di narrazione irrompono attraverso immagini legate ad alcune fra le storie più antiche, come pezzi di un’unica storia. Il 30 aprile Fabrizio Gifuni Con il vostro irridente silenzio, sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro, ideazione e drammaturgia Fabrizio Gifuni. Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica le parole su carta: scrive lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale, il cosiddetto memoriale, partendo dalle domande poste dai suoi carcerieri. Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro, l’insieme delle carte scritte nei 55 giorni della sua prigionia: quelle ritrovate o, meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di parole inarrestabile che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare, irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in modo pressoché unanime, martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal carcere il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura. A distanza di quarant’anni il destino di queste carte non è molto cambiato. Poche persone le hanno davvero lette, molti hanno scelto di dimenticarle. I corpi a cui non riusciamo a dare degna sepoltura tornano però periodicamente a far sentire la propria voce. Le lettere e il memoriale sono oggi due presenze fantasmatiche, il corpo di Moro è lo spettro che ancora occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre. Dopo aver lavorato sui testi pubblici e privati di Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini, in due spettacoli struggenti e feroci, riannodando una lacerante antibiografia della nazione, Fabrizio Gifuni attraverso un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia si confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia. Il 14 maggio La vita ha un dente d’oro con Francesco Pennacchia, Gianluca Stetur, drammaturgia Rita Frongia, regia Claudio Morganti. La vita ha un dente d’oro è un’antica espressione bulgara che non trova corrispondenza idiomatica nella nostra lingua. Oggi l’espressione non è più in uso ma pare venisse utilizzata per alludere al fatto che in tutto ciò che è vero c’è sempre un artifizio, una menzogna, un’alterazione d’organi. Ma è anche vero che le cose, a volte, sono proprio come sembrano. Uno spettacolo di archeologia teatrale. Alle origini del gioco. Laddove nasce la tradizione ormai perduta. Il gusto ed il piacere della vera finzione. Quella autentica. Quella che privilegia il gioco e la santa idiozia. La fede nell’arte del fallimento. Insomma, signori, potrete vedere due attori. Certamente il gradino più basso dell’umanità, ma pur sempre due persone, due esseri, due esemplari di una specie in via d’estinzione. Fatta oggetto da qualche anno a questa parte, come ben sapete, di una caccia spietata. Coloro tra voi che ne sono ignari si chiederanno il perché. Perché mai questo accanimento? Forse per la pelle? Per i denti e le unghie? Per gustarne il rinomato fegato all’alcol? No signori. Le carcasse degli attori vengono semplicemente lasciate marcire al sole, soltanto dopo, però, aver tratto godimento dal loro dolore in seguito ad una qualsiasi frase irrispettosa nei loro confronti. Come, per esempio: «ma insomma basta con gli attori!». Ecco, una semplice frase come questa può produrre danni devastanti nella fragile ed aerea natura di questa specie. E noi ne abbiamo individuato due esemplari apparentemente ancora in buono stato.

Amc