L’artista Mario Argenti deceduto decano dei pittori residenti a Sansepolcro

mario argenti

Sansepolcro- Alle prime luci dell’alba di sabato è deceduto, all’età di 92 anni, l’artista Mario Argenti. Ricoverato in ospedale solo da 24 ore a causa di un ictus, fino al giorno precedente era tranquillo a godersi la sua passeggiata in Piazza Torre di Berta e nel centro storico. La funzione religiosa stamani nella Chiesa di San Paolo. Le prime luci del mattino sembrano dunque essere venute a salutare un artista il cui sguardo era rivolto proprio alla luce. Non è un caso che sono in molti i commentatori del mondo dell’arte ad aver sottolineato il suo sguardo rivolto alla luce. Nato a Città di Castello Argenti era il decano dei pittori residenti a Sansepolcro dove risiedeva. La vita ritirata degli ultimi anni era ancora densa di lavoro, continuando lui ad indagare tecniche nuove o differenziando i suoi metodi ai poteri che i limiti del corpo gli permettevano. Non era difficile incontrarlo alle mostre degli altri artisti segno di grande attualità del suo pensiero, capace di prendere in considerazione anche i giovanissimi. L’ambiente artistico lui lo aveva sempre vissuto tutto, frequentando da giovane quello Umbro e da grande realizzando personali nel territorio toscano e partecipando a collettive anche all’estero, soprattutto negli anni ‘80. Aveva messo in mostra le sue opere per la prima volta in una collettiva nel ‘57 al tempo in cui lavorava in tipografia, al fianco del padre litografo. Più tardi, alla fine degli anni ’60, si era trasferito a Sansepolcro con il passaggio lavorativo alla Buitoni dove era addetto al controllo delle qualità dei materiali e specializzato nei materiali per incartare, distinguendosi per le sue competenze nella stampa. A otto anni di età, sempre a Città di Castello, aveva frequentata la bottega dello scultore Bartolini e pure Alberto Burri che gli era vicino di casa. “L’arte di questo tipo è facile farla ma è difficile concepirla. Burri mi ha fatto capire la capacità di arrivare a certe astrazioni del pensiero con i materiali” racconta Argenti “avevo 16 anni, mi mostrò la balla intitolata Povertà. Non capii; se ne accorse e mi chiese se avevo sentito parlare di San Francesco e di quale tessuto fosse vestito. Risposi che era vestito di un saio. Lui mi chiese di cosa fosse fatto il saio. Una balla risposi”. In quegli anni l’ambiente culturale di Città di Castello era particolarmente vitale e Argenti aveva avuto modo di incrociare importanti artisti come in occasione del Premio Venanzio Gabriotti del 1964 al quale lui si era classificato terzo e al quale c’erano, fuori concorso, tutti i grandi pittori dell’epoca. Le tecniche dell’acquaforte e della puntasecca, per esempio, gli erano state insegnate dall’artista Fernando Fusco. Argenti era interessato all’impressione della luce e a quello che questa crea sul paesaggio. Il gioco di luci ed ombre è protagonista, per questo motivo, ha sempre amato dipingere dal vero. La sua arte si compie nel descrivere un filo d’erba, un’onda e le condizioni climatiche che ruotano attorno a questi. Raccontava, compiaciuto, di come era stato gratificato da una visitatrice di una mostra che diceva di aver provata la sensazione del freddo nel guardare una sua nevicata. “È sempre stato l’ansioso desiderio di fissare la luce, i colori cangianti dell’arcobaleno, a sostenere l’urgenza di una ricerca veloce per realizzare il suo quadro” questo ha scritto di lui Giulio Gambassi “Così, senza ripensamenti culturali e sul filo di un’irresistibile volontà di fare, Argenti vuol catturare l’attimo fuggente nella solitaria visione della natura”. Nella mano matura e nella testa del creativo si capiva essere presenti anche i grandi maestri del paesaggio dell‘800 e del ‘900 ed anche lo stesso Ottone Rosai che lui aveva conosciuto ad Arezzo e da cui aveva ricevuto consensi. Alla Città di Sansepolcro mancherà la sua presenza discreta, la forza con cui anche recentemente non si dimenticava di partecipare alle collettive e di donare un pezzo per le collettive di beneficenza, la capacità di commentare gli altri con grande misura, la voglia di andare a vedere anche le mostre dei giovanissimi. Non mancava di dare consigli a chi gliene chiedeva finendo per consegnare perle di una professione che lui conosceva bene a chi invece si avvicinava alla creatività e all’arte per le prime volte. Alla figlia Patrizia e alla moglie Graziella le condoglianze della redazione Pagina Valtiberina.

amc